lunedì 15 aprile 2013

Dilemma Temporale n°41

Era una notte nuvolosa, l'illuminazione del satellite era fioca e accentuava il grigio di quelle nuvole. Un'ombra di gelo pervadeva l'aria della sera, delle luci blu cobalto si alternavano creando una misteriosa armonia del tempo. E' una barella quella che mi porta, lo si capisce dai fischi che tormentavano le mie povere orecchie. L'odore nauseabondo della preoccupazione, della freddura di questi silenzi, dei corridoi ospedalieri creava dentro di me una voglia matta di lasciarmi all'oblio e abbracciare il delicato sonno che tanto mi stava chiamando. Mi giro su un lato del cuscino, morbido e bianco, all'interno sembrava esserci tante piume d'oca, soffici. Di fronte a me avevo un orologio grigio, le lancette erano bianche come le tacche che dividevano i secondi a cinque alla volta. Segnava le 22:11 esatte, il doppio dei minuti formavano le ore. 
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Il sole tramontava già tra le profondità delle colline, di un verde bellissimo, molto fine e rilassante, il cielo era di un rosso serale, qualcosa di spettacolare a mio avviso. Mi avvicino stancamente al letto, poggio tutto su una sedia lì accanto, tremolante mi butto sul letto. Non è la mia stanza questa, le pareti sono di un giallo canarino, un colore orribile, che odio tantissimo, il soffitto è bianco ma con singolari deterioramenti dovuti agli anni passati. Il letto è più alto del solito, ed è duro a differenza del mio. Senza ulteriori problemi, inizio a contemplare il soffitto, sperando di capirci qualcosa. Guardo dalla finestra e noto il sorgere del sole, la bellissima ebrezza mattutina, di un colore leggero. Torno al soffitto e improvvisamente suona la sveglia. Sono le 12 del mattino, così mi alzo e mi dirigo in cucina per preparare il pranzo. Nel mobile trovo una pentola senza una maniglia, vecchia, una di quelle che sembra essere stata regalata alla nonna quando si sposò. Cucinato, mangiato e digerito, sono le 22:10 e noto che non c'è la lancetta dei secondi nella sveglia, ma solo quella dei minuti che è molto veloce e quella delle ore che pure non scherza. Ho sempre pensato che sia una sveglia strana, me la regalò un mio zio che ora morto, mamma diceva che suo fratello non era tanto normale, e il fatto che questa sveglia me l'abbia regalata lui è tutto dire. Fatta d'acciaio con lancette di plastica, tutta bianca all'interno. E' triste, molto. Meglio che vado a letto. 
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Abbandonerò il tepore del letto per vestirmi in fretta nel freddo umido dell'aria mattutina. Il silenzio regnerà nella lunga costruzione della giornata, che si presenterà distruttiva, arrogante. Mi vestirò come faccio tutti i giorni per andare a lavoro, giacca, cravatta e calzini di un qualunque colore unico. I pensieri ritorneranno all'interrogativo iniziale: perché è successo? guidai ubriaco quella sera e ho fatto quel brutto incidente che mi porterà al coma. Mi sveglierò anni dopo con l'intento di capire quanto tempo sia passato. Guarderò la sveglia del letto e troverò ancora la stessa ora di sempre? Magari saranno le 22:12. Mi sveglierò.
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Mi stirai, sospirando profondamente. Fuori, stava già albeggiando ed ero già in ritardo per il lavoro. Udii mio padre borbottare qualcosa al mio correre avanti e indietro a cercare dei calzini dal colore unico ma uguale, ma abbandonai l'idea di sapere quale fosse il suo problema. Ero pronto per andare a lavoro, ero vestito di una giacca grigio topo con toppe sui gomiti, non potevo permettermene una nuova con ciò che guadagnavo, una camicia nera senza un bottone perché mi portava fortuna e quel giorno avevo da chiudere un contratto importante, mi serviva tutta la fortuna possibile. Andai nel cortile e presi la mia auto, precipitando come un pirata nel traffico per guadagnare tempo, già, se solo ne avessi di più, di tempo. La persona del contratto non venne all'appuntamento, guardai l'orologio ed erano le 11:22, pensai tra me e me che le ore erano la metà dei minuti. Mi venne questo pensiero strano, è la prima volta che mi capita. Squillò il cellulare, era Alfredo che mi chiese di andare al Pub quella sera e farmi una birra con lui e gli altri, accettai, senza pensarci troppo. La giornata di lavoro terminò senza nessun contratto, senza niente. Mi precipitai al pub perché ero in ritardo, erano le 20.15 e l'appuntamento era 15 minuti prima. Il Pub si presentò bene, era la prima volta che lo vidi; all'entrata mostrava un accoglienza di tavoli a sedere, gente che parlava e sparlava, c'erano alcuni che attirarono la mia attenzione, una coppietta. Lui era un nerd con la faccia da topo, le orecchie a sventola e alcune lentiggini sul viso che quasi nascondevano gli zigomi. Lei una ragazza affascinante che mi sembrò fin troppo annoiata, e cercava di affogarsi con quella birra, pur di andarsene prima. Forse non era una coppietta, ma un'amore nato sul web. Ci sedemmo al bancone, alto al punto giusto, di un legno armonico. Gli spillatori prendevano direttamente dai fusti che stavano sotto, ma il fatto che si notasse, era una novità. Bevemmo tantissimo e parlammo di tante, forse troppe cose. Alfredo era meno ubriaco di me e mi chiese se poteva guidare lui al posto mio, ma ero così voglioso di sfrecciare che me ne andai senza di lui, dimenticandomi che dovevo dargli un passaggio. Ubriaco fradicio, non accesi le luci di posizione e capitai in una strada buia tenebrosa, oscura. Alberi nei lati, sembrava una foresta uscita dal nulla. Uno schianto improvviso, mi irrigidii, sentii quel suono che era sinonimo di tutte le cose terribili della vita, reali o immaginarie, sentito qualche millesimo prima di un profondo dolore fisico. Un uomo sconosciuto mi disse che sarebbero arrivati entro 10 minuti esatti, e prima di crollare ancora, guardai l'orologio dell'auto, segnava le 22:01.
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Aprii gli occhi e vidi Alfredo di fronte a me. Era invecchiato molto. Gli ricordo della serata fatta qualche giorno prima e lui sorride, dicendomi che era bello rivedermi. Rividi l'orologio grigio a tacche bianche, portava le 22:13 esatte.

...Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell'anima. Il passato non esiste in quanto non è più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e il presente è solo un istante inesistente di separazione tra passato e futuro...

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