sabato 17 gennaio 2015

Complessità dell'arte, il vero dilemma esistenziale


La via principale per entrare in se stessi è il pensiero, abbandonare ogni forma di dinamismo e riconoscersi in ciò che si è. Davanti alla finestra, ad osservare le immagini della realtà mostrata come un dipinto ad acquerello, si denota un senso di inadeguatezza, di disgusto. Fuori, l'incessante rumore dei chiacchiericci cittadini, i clacson e tutte le altre sfere nemiche alla quiete. Le luci nelle case colorivano la notte dando un maggiore senso di universalità - un mondo apparentemente vero - di costumi, superficialità, ipocrisia.























Il ticchettio dell'orologio era imperterrito, come se mai il silenzio potesse avere un momento per decantare la sua struggente melodia. La stanza era adibita per la mostra d'arte moderna, dove tantissime persone portavano in gloria oggetti dalla più naturale quotidianità, mentre altri ne decantavano la dubbia qualità artistica. Ad oggi, il concetto di arte si è così dilatato da caricarsi di tutte le denotazioni di indefinitezza, da parte di critici capaci di involversi in certi intellettualismi tendenzialmente indecifrabili e a volte di parte, che mostrano la natura falsamente morale di alcuni individui.
Si poteva definire alquanto ingiusto, immorale, ipocrita, il momento in cui si dava sfogo a certe vene intellettualistiche e poi prendere il cellulare e scattare la foto e condividerla sui propri social. L'incoerenza la faceva da padrona in quell'aria rarefatta, spaventosamente angosciante, di un semplice pezzo nel gigantesco puzzle del mondo. Quando si osserva un quadro o una scultura, bisogna fare attenzione alla riflessione che l'opera stessa ci propone; l'arte stimola il pensiero di quelle, ormai poche, persone capaci di prendersi la responsabilità di ciò che dicono.

Gli estetisti come Oscar Wilde professavano l'arte come obiettivo di vita. L'individuo, padrone della sua stessa esistenza, deve indirizzarsi al fine della ricerca del piacere. Una vita in relazione alla dimensione estetica, come se si vuol immedesimare nei personaggi delle proprie opere, ovvero l'uomo che ha il dono di plasmare a piacimento la propria identità, diventando una maschera di se stesso, auto-affermandosi ossessivamente. Per la religione invece il concetto è prettamente dissimile, pur usando le stesse parole. Ogni uomo è chiamato ad essere artista, compiendo se stesso con la propria vocazione individuale. L'artista possiede in sé la divina azione creatrice di Dio, quindi crea e ne mostra le bellezze... Le bellezze che distruggono l'anima. La stessa incoerenza della religione si professa nell'espressione della Genesi, quando spiega che l'artista - nel senso specifico del termine - non possa essere comprensivo di tutte le persone, che tuttavia, hanno il compito di essere gli artefici della propria realizzazione: deve farne un capolavoro dell'arte.

La mostra era terminata, portando con sé una prorompente aria di ipocrisia. Per alcuni è stata solo l'occasione di trasformala in qualche cuoricino o pollice in su.

L'ora indicava che mancava molto all'alba, e nessuna idea poteva essere migliore di quella di passeggiare in cerca di domande a cui non trovare nessuna risposta. Non mancava di certo lo sfondo dalla dubbia qualità culturale, ovvero il classico modo perpetuo di lasciarsi alle spalle le incertezze della vita. Le feste, la vita notturna, l'ostentazione della propria bassezza in frenetiche convinzioni come l'essere ubriachi, il fumare hashish, l'essere persone dalla confusa moralità e sessualità. Agire di conseguenza dimostrando la realtà delle proprie perversioni nascoste, dietro scuse banali, ma che comunque si accettano e si fanno accettare per evitare di incorrere in dubbi esistenziali. Le varie visioni intellettualoidi di individui che cercano ossessionatamente di apparire interessanti, o il cambiare punto di vista in base alla propria remissività. Il sentirsi inetto solo perché incapaci di abbandonare l'imbarazzante vita mondana e farsi, invece, influenzare da azioni surreali solo per sentirsi a pari merito con altri per la paura di essere giudicati e criticati. Il sentirsi disorientato, annaspare nel tentativo di ritrovare dei valori perduti, quegli ideali sinceri di cui si conosce l'esistenza. Una fiera circense. L'alienazione disperata di tali individui, con la desolazione che spesso accompagna scenari di sfondo già visti, cade nel mondo delle proprie vacue esistenze. Il perenne desidero di ritrovare se stessi, scoprire dove è nascosta la propria felicità, cercando conferme in altri che sono messi addirittura peggio. Il solito passaggio dal non accettare se stessi all'accettazione, fino allo sfumare di tale io nel vuoto. Si passa dall'essere inconsapevole all'esserlo, fino poi ad abbandonare tale consapevolezza e guardare la realtà, inabissando in essa.  Una realtà fatta dai fantasmi delle proprie paure, ma che di buongrado porta alla tristezza, più che al terrore. L'esser tristi per non riuscire a far equilibrare se stessi con il mondo, con il caos, con la realtà delle proprie insicurezze. Il sentirsi soli, pur avendo tante persone intorno.



Chi non ha il desiderio di conquistare e governare le masse? La gente è un agglomerato di insicurezze che assumono caratteristiche diverse da quelle individuali. L'acquisizione di una "capacità collettiva" che non si basa sulla propria eticità, esperienza o intelligenza, ma che fa parte della massa in generale che li fa sentire, pensare ed agire in modo diverso da come farebbero abitualmente da soli. Ed è qui che la parola ha il giusto potere, la parola detta da un leader che tendenzialmente si conferma poi essere vuoto egli stesso. Le masse sono facilmente suggestionabili, prive di ragionamento, sempliciste. Gustave Le Bon diceva "conoscere l'arte di impressionare la povera immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l'arte di governare".
Il Vaticano ormai sporco dei peccati commessi, i politici senza motivo esemplare di stare al potere, governano come idoli delle folle. Uomini di chiesa che sono più impegnati nel decidere quale sia la prossima giovane vittima dei propri peccati sopiti, più che argomentare le reali parole bibliche. Non sanno nemmeno più quale sia il proprio Dio, riconoscendo sempre più il proprio ego, messo da parte forzatamente per la chiamata del signore. Eppure si è esseri umani, egoisti e distruttivi, che cedono alle tentazioni. Il Berlusconismo con le dinamiche tipiche del neo-liberismo e dell'involuzione delle classi sociali, con la recente crisi dei ceti medi, del lavoro operaio e gli inquietanti quanto veri contorni assunti dalla povertà quotidiana. Ma anche le particolari trasformazioni culturali connesse al fenomeno della TV commerciale e pubblicitaria, la soggezione della stampa e dell'informazione giornalistica, la mancata riforma dell'amministrazione pubblica e quella di una perenne quanto longeva gestione corrotta del denaro pubblico e delle imprese medie private.

Eppure il tempo passava. Il silenzio era il nuovo protagonista della notte, che aveva come sfondo delle strade ora vuote e bagnate. Il marciapiede rifletteva ogni singola fonte di luce proveniente dai lampioni a forma sferica. Una pozzanghera d'acqua rifletteva il plenilunio, finché un passante non la distruggesse con il suo passare noncurante. Una prostituta appoggiata al muretto era immersa nei meandri profondi del pensiero. I suoi occhi decantavano un'effimera visione alternativa alla sua vita, sprazzi di bellezza che andavano vissuti per non incombere nel disequilibrio esistenziale. La sigaretta era appoggiata sulle labbra tremolanti dal freddo, il naso increspava, il fumo la rendeva come un dipinto da ammirare. Era splendida quanto illegale. No direbbe il Vaticano, è donna di facili costumi, Dio non approverebbe. No direbbe anche la classe sociale, è immorale. No direbbe l'ideale e sprezzante uomo comune, è poco dignitoso. Eppure l'ipocrisia non riesce a nascondersi bene, fornendo le basi desiderose di poter intraprendere una relazione notturna e segreta con la donna qui presente. Legalizziamola, così che potrebbe essere riconosciuto come lavoro dove le prostitute sono costrette a pagare le tasse ed aiutare la comunità. È vergognoso, eppure tutti una volta hanno fatto anche solo il pensiero di poterci andare con donne così. Tutto ciò che viene bandito dall'uso comune è oggetto di traffici illeciti come anche la droga o l'alcool, durante il periodo del proibizionismo. Tutto ciò che è illecito e segreto, attira le perversioni dell'uomo medio, che vince la sua soddisfazione andando contro i principi tabù del periodo e della società.

La notte sta morendo, facendo spazio all'alba. Il sentimento di gioia nel poter vivere l'arte delle piccole cose, come il farsi vivo del sole che illumina le strade, gli angoli bui e le tane dei topi. Finisce sempre con la morte di qualcosa. Tutta l'arte è divenuta chiacchiericcio, con piccoli momenti di appagante riflessione, poi la caduta nell'ipocrisia generale e miserabile.
Chi vuol essere felice deve dedicarsi alla ricerca sostenendola nei momenti alti e nei momenti bassi, pensando che la vita è sia dolore che benessere.

Anche io, il signor Spaventapasseri, come quasi la maggior parte dei sensibili, non mi discosto dal mondo descritto. L'arte è vita. Credo di fallito nell'aver dato spazio alle tenebrose realtà interiori, ragionando in silenzio su ciò che si è realmente: un essere umano.
L’unica mia certezza è nella fragilità. La stessa che dipinge l’alienazione del volto e la mondanità del corpo. L’apoteosi di una struggente persona sull’orlo della distruzione.



...Quando tu riesci a non aver più un ideale, perché osservando la vita sembra un enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le cose, e ti manca perciò l'abitudine, che non trovi, e l'occupazione, che sdegni - quando tu, in una parola, vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero, sentirai senza cuore - allora tu non saprai che fare: sarai un viandante senza casa, un uccello senza nido. Io sono così... - Luigi Pirandello




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