domenica 18 agosto 2019

Riflessi e speculazioni di un Dilemma Notturno


I lampioni fuori illuminavano una strada deserta fatta di luci gialle e calde, quasi come se volessero dare vita a quelle ore di tarda notte. Le finestre dei vari appartamenti erano ben salde, senza illuminazione alcuna e soprattutto in un fracassante silenzio da infastidire chiunque ci si fosse focalizzato. Nulla era più vivo, tranne il cane randagio che viveva in fondo alla strada, grosso e bianco da essere soprannominato Belle, come il protagonista di Belle e Sébastien, che annoverava tra le sue fila dei preziosissimi ossi di pollo. Spesso li trovava in giro, soprattutto nei pressi dei cassoni della spazzatura, altre volte qualche buon’anima del vicoletto che gli lasciava i suoi resti di cibo, che Belle in poco tempo ripuliva in modo più unico che raro e poi li conservava nella sua tana. Ogni qualvolta vedeva due fari correre sulla strada principale, si nascondeva dietro alcune auto pronto a uscire improvvisamente per spaventare i giovani alla guida; non passavano tante auto verso quell’ora della notte, ma quelle poche bastavano per adempiere ai suoi hobby. Adagio, il cane dopo un paio di giri su sé stesso decise che era il caso di appisolarsi nel suo posto preferito: sotto le scale del vecchio municipio che davano un buon riparo dalla pioggia, che proprio in quel momento iniziò a cadere, colpendo il naso umido di Belle spaventandolo. Scrollo il capo per il fastidio e si accucciolò nella sua piccola tana, appoggiando il suo malinconico muso sulle zampe anteriori, sbuffando teneramente e provando a chiudere i suoi occhi pieni di tristezza; essere abbandonato da chi ami così tanto può ridurre il tuo cuore ad un cumulo di massa morbida, tanto quanto un budino, capace di provare emozioni fuori dall’ordinario, raggiungendo nuovi livelli di consapevolezza e profondità del proprio essere.



Il fumo della sigaretta danzava nelle tenebre dove una luce tremula e fioca provava imperterrita a scacciare l’oscurità, non tanto potente da eliminarla, ma abbastanza coraggiosa da provarci. Era un ambiente dall’atmosfera surreale, come se si trovasse in un altro universo, un altro pianeta, un’altra realtà: in quella stanza si sentiva la pesantezza di un mondo parallelo pronto a collassare su sé stesso da un momento all’altro. Forse era già accaduto, o forse era ancora troppo lontano dall’accadere, ma l’uomo che fino a poco fa boccheggiava quella sua sigaretta, decise di interrompere questo suo pensiero e dedicarsi a ben altro. La stanza era piena della sua mancanza. Se n’era andata via come una fiammella in preda ad una bufera, lasciando un fumo fatto di ricordi. L’uomo, mentre si puliva il trucco dal viso e poggiava sulla scrivania il suo enorme naso rosso, pensò che non potesse poi biasimarla: si trascinavano lungo questa vita come due perfetti estranei, anche se non si aspettava di vedere quel rancore. Ogni volta che si focalizzava a vedere quello squallido monolocale, sentiva il suo profumo, così come quando osservava la finestra gli si piazzavano davanti agli occhi le immagini di lei che la valicava, noncurante delle conseguenze. Accese un’altra sigaretta, sperando che il fumo del tabacco e l’odore della nicotina potessero cancellare il suo profumo. Ma non ci riuscì, nemmeno quella volta. Appoggiò le gambe sulla scrivania, chiuse gli occhi ancora sporchi di trucco bianco e sospirò. Silenzio.
   <<Dove sei? Perché sei andata via?>> una voce brulicava da ogni direzione, dal tono pacato ma triste.
   <<Non posso più vivere senza di te, non riesco a lottare contro questa vita senza il tuo aiuto>> continuò, facendo sentire sprazzi di disperazione nel suo tono di voce.
   <<Ti dicono tutti di lottare, di non mollare mai. Incessantemente. Fin da bambini siamo assediati da messaggi eroici ed epici o immagini che vedono colui che lotta come il vincitore, che si nutre delle carni del proprio nemico così da attingere a nuova forza e potere>>, disse questa voce misteriosa proveniente dal nulla.
   <<Si tratta di una retorica molto spicciola, che nasconde dietro la sua filosofia un desiderio ardente e cannibale, alimentando quell’illusione post-moderna del volersi realizzare e diventare qualcuno, quasi come uno specchio che riflette il proprio essere dalle realtà che viviamo quotidianamente, ossia le deformità che rappresentano la nostra vita>>.
   <<Alla fine siamo terrorizzati dal nostro stesso handicap, se così vogliamo definirlo, feriti nell’orgoglio e costretti ad avanzare faticosamente sfruttando stampelle emotive anche abbastanza precarie, soltanto perché avvolti dall’illusione che questa eterna lotta contro chissà quale fatidico male potrebbe elevarci a sentirci qualcuno che non indossa una maschera. Uno scenario distopico, perfetta cornice di un'epica serie di stronzate>>.
  
<<Lottare, lottare e sempre lottare, anche se non ce né veramente bisogno, perché tanto è stato inculcato dalle società che ci determinano e che decidono chi siamo. Non ci danno più la possibilità di apprezzare il dolore e farlo nostro. Il dolore viene negato attraverso tutta una serie di paraculate estreme, come i giochi della mente, frasi fatte e altre speranze eteree. La verità è che noi non abbiamo più la libertà di essere chi siamo davvero, perché ormai è troppo pericoloso e quindi lottiamo per non essere ciò che siamo. Ormai il dolore è divenuto un mezzo, per l’uomo moderno, soltanto per risvegliare la propria coscienza assopita e quindi ha perso il suo reale valore. Il dolore è proprio l’essenza della lotta, ma non Uomo contro qualcosa, ma di una lotta verso sé stesso capace di zittire tutte le deformità della nostra esistenza. E poi ci eleviamo a uomini di plastica, perfettamente omogenei, senz’anima, senza retorica, senza sapienza. Me ne sono andata perché tu non avevi più bisogno di me, ma di costumi>>, terminò la voce, elevando il suo monologo a qualcosa di più etereo.
   <<Ho capito, ho finalmente cap…>>, la sigaretta, ormai terminata, gli aveva bruciato le dita facendo sussultare l’uomo che, in preda ai pensieri, si era appisolato. La spense schiacciandola nel posacenere con un movimento circolatorio, facendo sì che gli ultimi sprazzi di nicotina si concedessero all’aria con un fumo più denso e voluminoso, prima di scomparire completamente. Decise di vestirsi e uscire, nel cuore della notte e con pioggia avversa, noncurante delle conseguenze. Lo Spaventapasseri lo chiamava, così come anche Tenebra, l’uomo elegante e Cosmo, il pagliaccio, ma lui non si preoccupò di dargli troppo ascolto e decise di uscire, senza volto, senza personalità, pronto a ritrovare colei che aveva perso: la sua anima.

La pioggia scrosciante rendeva il vicoletto ancora più cupo e surreale, soprattutto perché dai tombini fuoriusciva l’acqua in eccesso. Belle era nella sua tana ad osservare la strada, cercando di dormire anche se la pioggia iniziava a dargli molto fastidio: non riusciva a prendere il sonno tra le mani e il freddo della notte l’aveva ormai avvolto dentro di sé. Da lontano vide arrivare un uomo incappucciato, ma non riusciva a riconoscerlo, così alza la testa e punta le orecchie per concentrarsi, ma nulla, proprio non lo riconosceva. L’uomo si sedette esattamente sopra le scale che facevano da tettuccio alla tana di Belle, si coperse con un ombrello e si accese l’ennesima sigaretta, noncurante della presenza del cane poco più sotto, che, con un movimento sinuoso e lento, si avvicinò di più per captarne al meglio gli odori. L’uomo continuava a fumare la sua sigaretta senza proferire parola, guardando il folle cielo pieno di stelle e di nuvole più scure della notte. Belle si avvicinò a tal punto da rimanere coperto dal suo ombrello e si sedette al suo fianco, colpendolo con la zampa per attirare la sua attenzione.
   <<Ciao Belle, cucciolone, come stai?>>, disse l’uomo senza mostrare il suo viso. <<Non mi riconosci? Belle, sono io…>>, ma il cane continuava ad essere poco sicuro ed evitava con movimenti quasi paranormali le carezze dell’uomo. Voleva capire chi fosse.
   <<Non mi riconosci perché ora sono veramente io…>>, continuò boccheggiando quella sua sigaretta, ormai terminata. Il povero cane non capiva cosa stesse dicendo, ma percepiva la sua bontà e non voleva allontanarsi troppo dall’uomo, a cui tra l’altro aveva portato un osso come dono di compagnia.
   <<Questo è per me? Uh… Gr-grazie>> pronunciò l’uomo, ancora senza mostrare i suoi tratti fisiognomici, causando in Belle un leggero fastidio che gli fece emanare un tenero abbaio con tanto di danza sulle zampe anteriori. Non capiva il perché non riusciva a vederlo, anche se si fosse messo dinanzi a lui, quindi si arrese e si stese di fianco contemplando la notte di pioggia. Qualche minuto dopo spaventò al sentire di una suoneria stridula e breve. L’uomo prese il cellulare e lesse il messaggio di Vampira Sbadiglia che diceva <<Sono rare le persone come te…>>, ma appena dopo aver letto quel messaggio una piccola fonte di luce si avvicino all’uomo e se ne impossessò, causando lo spavento del cagnolone lì di fianco che iniziò a ringhiare e abbaiare rabbiosamente. La luce scomparve un attimo dopo e l’uomo abbozzò finalmente un sorriso, illuminando il suo viso che era finalmente visibile: era un ragazzo semplice, dai tratti simpatici e soprattutto dolci, tanto da sembrare a vista un ragazzo puro e limpido.
   <<Ciao Belle, piacere mio, io sono…>> 

4 commenti:

  1. Mirko io sono innamorata di te e perderti è stato straziante Ho fatto l'errore madornale di scappare via ma in realtà non lo volevo fare, ero solo tanto impaurita e spaventata. Vedo che ora sei felice con la tua nuova fiamma quindi non mi sbilancio di più... però ti penso sempre, in tutti i modi possibili, mi manca tutto di te, la tua mente, il tuo cuore, la tua anima e il tuo corpo
    ����

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  2. Madò quanto ti amo Mirko
    Mi manca scriverti ogni giorno

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  3. Ti penso......... scrivi qualcosa ti prego

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  4. Inutile ke le stai addosso addosso, tanto lei vuole me e nn te. Poi vedi.

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