martedì 12 novembre 2013

Dilemma del Moralista n° ?

Pareti di un delicato color crema, ornamenti fiabeschi fatti con gesso di prima qualità, illuminata da una moltitudine di candelabri antichi, la stanza vezzeggiava agli occhi dei presenti, un Principe di una famiglia nobile di alto bordo e due giovani serve africane. Il principe se ne stava sempre seduto, volgendo lo sguardo ad una delle due serve, di cui il corpo sembrava fosse arte pittorica del grande William-Adolphe Bouguereau. Quando udì spalancarsi la porta alle sue spalle, si voltò leggermente per dare un’occhiata alla donna che entrava, e notò che fosse la figlia della famiglia nobile francese ch’era promessa sposa, a lui, che desiderava principalmente dare adito alle fantasie erotiche e puramente animalesche che albergavano nella sua mente. Non disdegnava affatto la sua sposa, giovine fanciulla nobile, origine francese, dai capelli color oro e un corpo sublime, sembrava esser uscita dall’opera Un bar aux Folies Bergère di Édouard Manet. Si fermò sulla soglia, esitando, aspettando un gesto da parte del suo fedele sposo, il principe, il quale invitò la fanciulla a sedersi. Ella, con passo danzerino, si avvicinò al divano, fatto di legno massello, cuscini in piuma morbida, tessuto imbottito e rivestito di uno splendido color oro. 
La serva si avvicinò con passo felpato, aiutò la nobile fanciulla a togliere il soprabito, ancora umidiccio per la pioggia e il temporale che devastavano il lato esterno di quella quiete, accompagnata da musica classica che ricordava vagamente Lo schiacchianoci di Tchaikovsky. Il giovane principe scrutò la splendida serva prima di dirigere lo sguardo alla sua amata, che salutò con un fine baciamano, facendo arrossire la fanciulla. I due scambiavano affascinanti sorrisi, la fanciulla irraggiava soddisfazione e annuiva compiaciuta ad ogni singola parola che proferiva dal carisma del principe, mentre questi si alzò e prese qualcosa da bere, cercando di non distogliere lo sguardo dal corpo della serva. Aveva una gran voglia di guardarla nel suo unico splendore e possederla, ma temeva che la fanciulla sua sposa se ne accorgesse. Versò due calici di vino rosso, per accompagnare la musica e il corteggiamento per la sposa, che si limitava solo a ricavare vita dal sorriso del principe, di cui lei, ormai era completamente persa. Assisteva silenziosa alla conversazione dei due, la giovane serva, si congedò con un inchino e si allontanò, mentre il principe era assorto nei scompigli mentali del suo essere animalesco e ascoltava in silenzio mentre la nobile fanciulla esponeva confusamente vari pettegolezzi di corte, reagendo soltanto ad uno sporadico sorriso e cenno di assenso. Aveva seri dubbi su come comportarsi, l’essenza della sua morale era la nobiltà, la tenacia, la forza, con cui ciò che è utile è bene. Si scusò con la fanciulla, dichiarando di aver un bisogno corporale e si alzò e allontanò dalla stanza alla ricerca non di un bagno, ma della giovane serva. 
Quando raggiunse la stanza, trovò la porta aperta e nessuna traccia di occhi curiosi, così vi entrò e bloccò la serratura, portando con sé la chiave d’ottone, infilata nella tasca della giacca. Fece una frettolosa perlustrazione per la stanza, ma la serva sembrava introvabile, finché non udì un leggero cigolio nella stanza adiacente dove si precipitò come un forsennato. La stanza era quasi buia, illuminata solo dai lampi che assalivano le finestre e le mura, si nascondevano pochi mobili antichi e deteriorati dal tempo, un letto piccolo e mal ridotto che dava poche gioie alla schiena della serva, che nel contempo, era lì impaurita e silenziosa, ma bella ed eccitante. 
Essere dalle mille sfaccettature, posseduto dal singolo pensiero animalesco. Preludio delicato, misero, quasi inesistente della sua voce. Generalmente attratto da tutto e da niente, il suo cervello iniziò a tempestarsi di quelle immagini crude, violente, ma che avevano aperto le porte dell'amore, della passione. La povera serva era di una maliziosa quanto innocente espressione di confusione che cercava di dare messaggi ambigui delle proprie sensazioni. Il suo desidero frivolo lo faceva sentire forte, gli dava la possibilità di essere decisamente superiore a lei e di farne ciò che voleva, infondo, la povera non aveva mai avuto possibilità di esprimersi, in quanto giovane. Il suo profumo lo inebriava e la sua piloerezione era così morbida da sembrare leggera piuma, delicata. Era febbrilmente eccitato e preso di passione, voleva dargli dimostrazione di ciò che potevano fare le loro carni, così cercò di possederla. La serva inizialmente contrariata, diede piano l’approvazione al proprio animo, contrariato dalla moralità del Ressentiment. Sentiva il suo godimento come la nona sinfonia del Ludovico Van, la trasportava in audaci ed imperterrite urla di passione. La luna si trasformò nel satellite più bello che abbia mai visto, e tutto intorno a loro cambiò. Il temporale s’interruppe improvvisamente, tutto trovò pace. L'innocuo sorriso scomparve e al suo posto si esibivano smorfie nervose di sconosciuta entità, il Principe, vezzeggiava attentamente il suo corpo, cercando i punti precisi per dare il giusto epilogo. Ormai di fronte aveva solo un ammasso di carne, un essere antropomorfo dalle bellissime curve. Di lì a poco sarebbe tornato dalla fanciulla sua sposa, a pre-configurare una nuova sinfonia, diversa da quella anzitempo prevista e da poco consumata. Portò alle sue labbra il calice di vino, fresco, bevve, smaliziando la giovane con un nuovo sorriso. La sua anima era andata via, boccheggiando leggere particelle di ossigeno. Era libero, finalmente.

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