domenica 30 marzo 2014

Dilemma Dello Schizofrenico: D

Le luci si affievolirono e il pubblico diventò quasi invisibile, a malapena si udiva qualche chiacchiericcio. Cosmo entrò in scena, nella sua tenuta mascherata, con un passo flebile, armonioso e danzante. Indossava abiti dai colori mischiati, un gilet metà verdi a quadretti blu e l’altra metà blu a quadretti verdi. Un pantalone molto largo color viola perlato con tasche pieno di oggetti di scena dentro. Le scarpe erano classiche, ma rese colorate e malridotte per fare scena, nascondevano degli elastici per rumoreggiare ad ogni passo e far in modo che la gente ridesse del suo modo di muoversi. Aveva un viso tondo e strano, che mascherava con del trucco bianco che sembrava la neve candida, la bocca di un blu mare che segnava il grande sorriso con un contorno nero per definire il tutto in meglio. Aveva messo un rossetto dello stesso colore del trucco, così che qualsiasi forma avesse preso il suo viso, dimostrava sempre quel gran sorriso artificiale e anche decisamente finto. Il naso rosso a palla che se premuto faceva un allegro fischietto, un trucco nero attorno agli occhi da cucciolo che aveva, lo facevano rassomigliare ad un panda e mettevano i risalto i suoi occhi verde bottiglia che con la luce sembravano splendenti, ma che in realtà nascondevano una lieve malinconia. Lo spettacolo era nato per costruire sorrisi e risate sulle facce delle persone e si servivano di Cosmo perché lui riusciva a rappresentare ciò che in realtà avrebbe voluto anche lui stesso. Sorridere.

Lo spettacolo finì, le luci abbandonarono il teatro e un applauso degno del più grande costruì un suono che allietarono l’animo di Cosmo. Quasi si sentiva il vento che le mani creavano nel loro muoversi prima di emettere il suono più importante in quel momento. Era lì, inchinato degnamente, ad ascoltare quel suono che per qualche attimo avevano dato aria alla sua malinconia, ma durò poco più di qualche minuto. Tornò nel camerino, uno stanzino piccolino con un grande specchio pieno di lampadine a farne da contorno. Era parecchio in disordine, c’erano tanti vestiti di scena sparsi lì buttati per riprenderli subito e indossarli prima di ricominciare a vivere un nuovo attimo. Il signor Spaventapasseri, il signor Tenebra, l’umile musicista, l’affascinante principe e tantissimi altri che si aveva difficoltà a contarli. Una lampadina intermittente, lo specchio con qualche crepa all’interno. Tutto sembrava già sfruttato da molto tempo, c’era qualche granello di polvere qui e là e un phon, per acconciarsi i capelli biondi e mossi ogni qualvolta doveva entrare in scena. Iniziò a struccarsi, perché doveva cambiare scena e personaggio, e nel mentre notò che il suo occhio da verde diventava oscuro e pieno di odio. Chiuse gli occhi e provò ad entrare nel suo essere, nel suo mondo vero.
Si trovò in una stanza bianca senza fine, decisamente illuminata, tanto che i suoi occhi dovettero abituarsi prima qualche minuto e poi riprese a vedere. Il giovane non immaginava che cosa gli altri avessero in mente, ma lui aveva già deciso di rinunciare e tornare indietro. Intuì che qualcosa stava accadendo, qualcosa di strano stava capitando. Oltre l’immaginazione. Qualcosa che sa di già visto, già sentito, qualcosa che c’è sempre stato ma se ne rendeva conto solo in quel momento. Un uomo non può farsi travolgere da cose astratte, deve scovarle, capirle e combatterle. I motivi per cui Cosmo cambiò idea e partecipò a quell’impresa erano meno evidenti di quelli che sembravano. A quello sguardo così deciso, il signor Spaventapasseri, il principe, e tutti gli altri si precipitarono a fermarlo nella sua furiosa decisione. Di lì a poco li avrebbe uccisi e distrutti tutti quanti, ormai futili, privi di senso. Finalmente qualcosa si mosse dentro di lui, una forza repressa che era quella del suo animo, così forte che davanti ai suoi occhi tutto si stava autodistruggendo. Le mura volavano via trascinate da un tornado potente, il pavimento ondulava forte e si spaccò in tantissimi pezzi. Il suo sorriso inquietante rimase immobile e i suoi occhi impassibili non sbattevano le palpebre, perché dentro di lui qualcosa era cambiato. Finalmente.

Un corridoio completamente buio, gelido e spaventoso. L’accendino verde era l’unica fonte di luce e mostrava le pareti bagnate e piene di edera, a terra c’è dell’acqua ormai pesante e densa di fango. Faceva fatica a camminare, le sue scarpe erano poco adatte, ma erano più deboli della sua forza in quel momento, decisa più che mai nel suo intento. In fondo, una porta che per aprirla bisognava tornare un attimo bambini, riscovare la bella spensieratezza, perché lì dentro si nascondeva qualcosa che lui aveva perso da tempo e che si era rinchiuso in quel luogo molto remoto per stare lontano dal dolore e dalla paura. Da bambino Cosmo andava sempre in giro vestito da supereroe, Batman e Spiderman erano i suoi preferiti e indossava sempre queste maschere per nascondere se stesso e mostrarsi più forte agli altri. Aveva già paura, tremenda paura di come col tempo la cosa si sarebbe evoluta nel modo peggiore e lui, angelo tenero e buono, sarebbe scomparso nei profondi meandri di quella tenebrosa paura. Prima però era spensierato, un bambino come tanti. Salutava tutte le persone che camminavano con un dolcissimo buongiorno, anche se non le conosceva. In quei momenti era sereno e felice e nel ricordarlo, qualcosa si attivò dentro di lui. Era la voce di un bambino così felice e sorridente, senza il minimo pensiero. Un sorriso si smosse e la porta si aprì. Nel buio più totale, c’era un solo angolo illuminato. Lì una capigliatura bionda era seduta con la testa tra le gambe, chiuso a riccio, tremolante e spaventato. Pieno di graffi, ferite, era pallido, occhiaie enormi, era orribile, spaventoso, incredibilmente inquietante. Cosmo sente una fitta forte nel petto, un dolore che lo stramazza a terra in preda ai lamenti più feroci. Il ragazzo pallido si stringe ancor più le gambe, con singhiozzi forti e profondi. Tempo prima era un angelo bellissimo buono e senza odio, ora invece eccolo lì, rinchiuso nella sua stessa paura. Cosmo stramazzato a terra perse i sensi, iniziò a sognare un mondo completamente diverso da quello in cui viveva. Tornò ad aprire gli occhi e lì davanti a lui, c’era un pagliaccio steso a terra, completamente sporco di fango. Aveva freddo e si raggomitolò quasi arrendendosi.

Uno sguardo alla porta più in là, il signor spaventapasseri era sulla soglia e aveva visto tutta la scena. Cosmo si alzò di fretta, calpestando la mano del povero pagliaccio e correndo verso la porta con furia, mentre il signor Spaventapasseri chiudeva e si lasciava alle spalle la stanza, ancora una volta pronunciando qualcosa. L’ennesima. Un grande tonfo e tutto tornò buio.

<<Sei anche tu una maschera.>>

Un profondo applauso invase la stanza. 



Interludio profondo.

Ogni attimo, ogni momento..
Un sorriso falso si prende gioco di me..
Non puoi capirlo tu che di me ti nutri..
Non percepisci la profonda malinconia..

Ne puoi vedere la tristezza?
Ne puoi mostrare la tirannia?
Mi dite di sorgere e mostrare la luce..
Ma come sole sono ormai spento..

Come può un bruco saper volare..
Se prima il suo bozzolo non si schiude..
Ma è lì da tempo immemore..
Mi correggo, è spaventato..

Potrei muovere la luna..
Disegnare stelle..
Ma del mio sorriso e del mio fardello..
Non sono più gravido..

Tutto ciò che è profondo ama la maschera, e le cose più profonde nutrono addirittura odio per quel che è immagine e somiglianza. 

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